Torna all'homepage
News
 
 
CARTA DEI DIRITTI
LO STATUTO
MODULO ISCRIZIONE
SEDI REGIONALI




Scrivici

29 June, 2014

Ready: Brescia è pronta a cadere nella rete?
di -


Il tentativo di distrarre fondi della amministrazioni cittadine a favore dell'ideologia di lesbiche, gay, omosessuali e trans (LGBT)

Di Elisabetta Pittino
BRESCIA, 29 Giugno 2014 (Zenit.org) - Si chiama Ready, acronimo di "Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere" ed è un network di pubbliche amministrazioni nato nel 2006 per "promuovere politiche a favore delle persone LGBT" (acronimo utilizzato per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). In otto anni sono circa 60 gli enti pubblici, comuni, province, regioni, istituzioni e organismi di parità che hanno aderito a Ready.
Domani, 30 giugno, il Comune di Brescia voterà per decidere se entrare a fare parte della rete Ready.
Esiste veramente, tuttavia, una discriminazione sessuale contro gli omosessuali?
Nel 2013 alcune indagini promosse da agenzie demoscopiche su campioni sia internazionali che nazionali hanno riscontrato che l’Italia è uno dei paesi più gay friendly del mondo (subito dopo la Gran Bretagna) con il 74% di persone che si dichiara non ostile agli omosessuali. In Italia, secondo le statistiche ufficiali c’è un caso di omofobia ogni due milioni di abitanti, per un totale di 80 casi presunti negli ultimi 3 anni.
Un’indagine dell’ISTAT, presentata alla Camera dei Deputati il 17 maggio 2012 in occasione della Giornata contro l’omofobia (http://www.istat.it/it/archivio/62168), riportava che il 60% degli Italiani ritiene accettabili le relazioni tra persone dello stesso sesso. Nello stesso rapporto si afferma che ammontano a zero i “casi accertati di discriminazione contro omosessuali registrati da un pubblico ufficiale o un giudice”.
L’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) afferma che non esistono al momento casi accertati di discriminazione per l’accesso all’alloggio, nel lavoro pubblico e privato e anche in ambito sanitario.
Eppure nel report del Dipartimento delle Pari Opportunità (Verso una Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, www.pariopportunita.gov.it/images/strategianazionale_definitiva_29aprile.pdf) si legge che il Contact Center dell’UNAR segnala 144 casi di discriminazione attinenti l’orientamento sessuale.
In questo contesto è stata sollevata l’obiezione secondo cui gli episodi di mobbing o di violenza denunciati riguardano quasi esclusivamente persone eterosessuali, oppure si tratta di atti di delinquenza comune che nulla hanno a che fare con l’orientamento sessuale delle vittime.
Un Rapporto 2007-2013 dell’Avvocatura per i diritti LGBT dichiara: “Al di là del dato sulla percezione della discriminazione, che per quanto sostanzialmente coerente è comunque basata su opinioni e punti di vista soggettivi, esistono pochissimi dati quantitativi sulla diffusione e il radicamento della discriminazione ai danni delle persone LGBT […]”.
Ci sono certamente degli episodi di aggressione verbale o fisica a danno degli omosessuali, ma se accadono tra giovani e adolescenti sono da rubricare tra gli atti di bullismo, sicuramente esecrabili, ma riconducibili all’aggressività del branco che di volta in volta prende di mira i soggetti più deboli indipendentemente dal loro orientamento sessuale: i preferiti in genere sono gli obesi, gli introversi, quelli che portano gli occhiali, i diversamente abili, i secchioni, gli stranieri, ecc.
Non bisogna negare né sottovalutare l’eventualità che alcuni omosessuali possano essere sottoposti a forme di violenza, ma parlare di emergenza è voler creare un allarme e dare forma e sostanza ad un mostro sociale che oggi non sembra esserci.
Ma che cosa comporta diventare parte della Rete Ready?
Nella carta di intenti (http://www.comune.torino.it/politichedigenere/bm~doc/cartaintentiready.pdf) si trovano elencate le finalità della rete, suddivise in sette punti.
Tra i "compiti della rete" vi sono "campagne di comunicazione", "adesione e promozione di campagne europee", promozione di "una giornata tematica con eventi diffusi" almeno una volta all'anno, cioè Gay Pride, la "ricerca fondi per le attività della Rete", “creare una pagina informativa”, “partecipare agli incontri coni partner della rete”, “Raccolta delle buone prassi” che ha portato nel 2009 alla pubblicazione del Libro Bianco Europeo Combattere l’omofobia, “organizzazione di conferenze e incontri nazionali”, per citarne solo alcuni. Tutti impegni che si assume chi aderisce alla rete e che sono a carico degli aderenti, cioè Comuni, Province, Regioni, enti pubblici. C’è poi la Segreteria che è assunta da uno dei partner. Torino si è dotato di un "Servizio LGBT". Altre finalità sono “azioni informative e formative” per il personale dipendente degli Enti partecipanti, il che significa corsi di formazione; poi sono previste “azioni informative e formative” per il personale impegnato in campo educativo, scolastico, sanitario, per il mondo produttivo.
È legittimo chiedersi chi paga tutte queste attività. La risposta, che si trova nella presentazione di Ready, è che a pagare sono i partner, cioè chi sottoscrive gli intenti ed è parte della rete Ready.
È lecito rispondere quindi che pagano i contribuenti e in ogni caso l'adesione non è priva di conseguenze sulle casse del comune.
Ci si chiede se in un periodo di crisi come l’attuale non sia più opportuno utilizzare i fondi verso politiche sociali e di welfare, piuttosto che sostenere una ideologia che divide.
Alcuni partner, dopo avere sottoscritto la carta di intenti, hanno deciso di uscire dalla Rete Ready.
Massimiliano Salini, ad esempio, presidente uscente della Provincia di Cremona, ha annunciato, e messo in atto, l'uscita da Ready.
La fuoriuscita è stata definita da Arcigay come un "atto sorprendente, di una gravità inaudita" e "atto selvaggio di propaganda bieca", "biglietto da visita deplorevole".
Ci si chiede anche: che cosa concretamente ha fatto e fa Ready?
Il primo campo di azione è quello strettamente legato alle attività amministrative: la diffusione dei registri delle coppie di fatto i cui risultati sono molto deludenti.
Nel Comune in cui si registra il massimo numero di iscritti, le coppie registrate sono una cinquantina. Il 90% di questi registri sono vuoti. A Bologna (Comune che ha aderito a Ready) da quando nel 1999 è stato istituito il registro, gli iscritti sono zero. Nel 1999, il Comune ha aperto alle coppie di fatto la possibilità di partecipare alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi Acer, con lo stesso punteggio di una coppia sposata. Dal 2006, poi, Bologna ha concesso i cosiddetti “prestiti sull’onore”, approvati dalla Regione Emilia Romagna con la legge n.2 del 12/03/2003, anche “alle coppie gay e lesbiche che convivano o che decidano di dare inizio a una convivenza”. Sempre la Regione, con l’art. 42 della finanziaria approvata nel 2010, ha sottolineato l’esistenza di unioni e convivenze non matrimoniali, riconoscendo ai conviventi, etero o omosessuali, gli stessi dirittidi accesso a servizi come casa, scuola, sanità e ogni altro “servizio pubblico o privato sul territorio emiliano romagnolo”.
Anche in molte altre città italiane (sempre partner della Rete Ready), il registro delle coppie di fatto è stato un grande flop: Bolzano, Trento Torino, Firenze, Padova… “A Gubbio, in Umbria - secondo Avvenire -addirittura è stato di abolito per evidente inutilità, dopo che per 10 anni soltanto una coppia risultava essersi iscritta”.
Il timore di alcuni è che si voglia raggiungere per via amministrativa il matrimonio tra le persone dello stesso sesso, in modo tale che ci sia in Italia una situazione di fatto tale per cui una legge nazionale non sia altro che la presa d'atto di quanto già è presente nel paese.

11 June, 2014

Lui cambia sesso ma le nozze valgono
di - Corriere della Sera

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma
che annulla il matrimonio se uno dei due cambia sesso

ROMA - La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che annulla le nozze se uno dei due coniugi cambia sesso nella parte in cui non consente «ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata». Alla base il caso di una coppia di Bologna che si era vista annullare il matrimonio dopo che lui ha deciso di diventare donna e cambiare il suo nome in Alessandra.

INCOSTITUZIONALE - In sostanza — afferma la Consulta nella sentenza depositata — la legge n. 164 nel 1982, contenente norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, è incostituzionale perché, sciolto il matrimonio in conseguenza del cambiamento di sesso, non prevede la possibilità che intervenga un’altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta «che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore». Il pronunciamento, quindi, va letto come un forte invito al legislatore a provvedere nella direzione delle unioni civili o dei pacs per regolare forme di convivenza al di fuori del matrimonio.

DIVORZIO D’UFFICIO - Ieri alla Consulta si era celebrata l’ultima udienza di una storia iniziata nel 2009, dopo il riconoscimento del cambio di genere di Alessandra Bernaroli. Un divorzio d’ufficio che i coniugi hanno cercato di cancellare in tribunale, fino alla decisione della Cassazione di rimettere gli atti alla Corte costituzionale. Nel corso dell’udienza, l’avvocato Francesco Bilotta, che insieme alla collega Anna Maria Tonioni rappresenta la coppia, ha chiesto ai giudici di considerarsi «un organo della società civile prima che un organo dello Stato». La decisione della Corte potrebbe aprire un precedente storico: secondo le associazioni per i diritti lgbt, sarebbe uno sdoganamento delle coppie gay, anche se Alessandra rimarca che il loro «non è un caso di omosessualità, ma di transessualismo»






06 June, 2014

Per tutte le coppie che preferiscono due gatti e un cagnolino, piuttosto che fare dei figli
di -


Nella Messa a Santa Marta di ieri, il Papa ha elencato le tre caratteristiche di un autentico matrimonio cristiano: "fedeltà", "perseveranza" e soprattutto "fecondità"

CITTA' DEL VATICANO, 03 Giugno 2014 (Zenit.org) - Se a Papa Francesco gli si chiedesse: “Com’è il matrimonio cristiano?”, sintetizzerebbe il suo pensiero su questo importante Sacramento con tre aggettivi: “Fedele, perseverante, fecondo”. Ovvero, le stesse tre caratteristiche esplicate dal modo di Gesù di amare la sua Sposa, la Chiesa.
Proprio su questi temi si è incentrata l’omelia di Bergoglio di ieri durante la Messa mattutina nella Casa Santa Marta. Sarà perché nel pubblico della Cappellina c’erano una quindicina di coppie che celebravano il traguardo dei 25, 50 e 60 anni di matrimonio?
Evidentemente sì. Il Papa ha infatti tralasciato le consuete riflessioni sulle Letture del giorno, e agli sposi "d’argento", "d’oro" e "di diamante" ha preferito parlare di amore, anzi dei “tre amori” che Gesù nutre per il Padre, per la Madre e per la Chiesa.
L’amore più “grande” Cristo lo manifesta proprio per quest'ultima: la Chiesa, Sua Sposa “bella, santa, peccatrice”, ha detto il Pontefice, ma che Gesù “ama lo stesso”. Egli “sposò la Chiesa per amore”, e il suo modo di amarla esprime al meglio quelle “tre caratteristiche” su cui dovrebbe basarsi ogni unione cristiana: “È un amore fedele; è un amore perseverante, non si stanca mai di amare la sua Chiesa; è un amore fecondo”, ha spiegato Francesco.
È fedele, perché “Gesù è il fedele!”. Sempre. Come scriveva San Paolo in una delle sue Lettere: “Se tu confessi Cristo, Lui ti confesserà, a te, davanti al Padre; se tu rinneghi Cristo, Lui ti rinnegherà, a te; se tu non sei fedele a Cristo, Lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso!”. “La fedeltà è proprio l’essere dell’amore di Gesù”, ha rimarcato il Santo Padre, e questa fedeltà di Cristo per la Sua Sposa “è come una luce sul matrimonio”.
Tale fedeltà sfocia poi nella perseveranza. "Tante volte - ha osservato il Papa - Gesù perdona la Chiesa”, proprio come all'interno di una coppia dove, spesso (alle volte?), “ci si chiede perdono”. È proprio così che "l'amore matrimoniale va avanti": “La vita matrimoniale deve essere perseverante, perché al contrario l’amore non può andare avanti”.
La perseveranza nell’amore – ha sottolineato il Pontefice - è fondamentale “nei momenti belli”, ma soprattutto “nei momenti difficili”, segnati da “problemi con i figli, problemi economici, problemi qui, problemi là”. Ma se “l’amore persevera”, ha assicurato Bergoglio, “va avanti, sempre, cercando di risolvere le cose, per salvare la famiglia. Perseveranti: si alzano ogni mattina, l’uomo e la donna, e portano avanti la famiglia”.
Fedeltà e perseveranza, dunque. A queste si aggiunge la “fecondità”, che si esprime soprattutto nei Battesimi, sacramenti attraverso cui Cristo “fa feconda la Chiesa con nuovi figli”. “La Chiesa cresce con questa fecondità nuziale”, ha detto il Papa, come anche un matrimonio diventa più solido e rigoglioso quando vengono messe al mondo delle creature.
È vero che a volte questa fecondità è messa alla prova: i figli non arrivano o sono ammalati. In questi casi, ha affermato Francesco, ci sono coppie che “guardano Gesù e prendono la forza della fecondità che Gesù ha con la sua Chiesa”. Ci sono però altri casi in cui sono gli stessi coniugi a mettere alla prova la fecondità, facendo “cose che a Gesù non piacciono”.
La frecciatina del Papa è rivolta a tutti quei matrimoni “sterili per scelta”, “che non vogliono i figli, che vogliono rimanere senza fecondità”. La causa – ha affermato il Santo Padre - è la “cultura del benessere” che in dieci anni ci ha convinto che “è meglio non avere i figli, così tu puoi andare a conoscere il mondo, in vacanza, puoi avere una villa in campagna, tu stai tranquillo...”.
“Ma è meglio forse - più comodo – avere un cagnolino, due gatti, e l’amore va ai due gatti e al cagnolino”, ha proseguito il Pontefice. E parlando direttamente alle coppie, ha aggiunto: “È vero o no questo? Lo avete visto voi?”. Con questa fecondità repressa, però, succede che alla fine il matrimonio “arriva alla vecchiaia in solitudine, con l’amarezza della cattiva solitudine”, ha avvertito il Santo Padre. Perché al matrimonio è stato tolto uno dei tre pilastri su cui poggiarsi, non si è fatto “quello che Gesù fa con la sua Chiesa: la fa feconda”.



Sede Nazionale via Breda 18 Castel Mella (BS) Tel. 030 2583972

Aggiungi ai preferitiAggiungi questo sito ai preferiti

Webmaster: cogio

Le foto non di proprietà di FNC sono state reperite in rete, se qualcuna di queste dovesse essere coperta da diritti d'autore, siete pregati di segnalarcelo. Provvederemo a rimuoverle.