«Io ho fatto diversi pensieri a partire da quella mozione votata al Parlamento europeo. Il primo pensiero è questo: siamo alla fine. L’Europa sta morendo. E forse non ha neanche più voglia di vivere. Poiché non c’è stata civiltà che sia sopravvissuta alla nobilitazione dell’omosessualità. Non dico all’esercizio dell’omosessualità. Dico: alla nobilitazione della omosessualità. […]
Più sono andato avanti nella mia vita, più ho scoperto l’importanza che hanno nella vita dell’uomo, in ordine ad una vita buona, le leggi civili. Ho capito quello che dice Eraclito: “Bisogna che il popolo combatta per la legge come per le mura della città”. Più sono invecchiato e più mi sono reso conto dell’importanza della legge nella vita di un popolo. Oggi sembra che lo Stato abbia abdicato al suo compito legislativo, abbia abdicato alla sua dignità, riducendosi a essere un nastro registratore dei desideri degli individui. Con il risultato che si sta creando una società di egoismi opposti, oppure di fragili convergenze di interessi contrari. […] Questo inevitabilmente genera un sociale conflittuale, di lotta, di supremazia del più prepotente sul più debole, cioè la corruzione dell’idea stessa del bene comune, della res publica. Allora si cerca di rimediare con le leggi dimenticando che non ci saranno mai delle leggi così perfette da rendere inutile l’esercizio delle virtù. Non ci saranno mai. […]
La manifestazione del 20 giugno è una manifestazione positiva perché noi non possiamo tacere. Guai se il Signore ci rimproverasse con le parole del profeta: cani che non avete abbaiato. Lo sappiamo, nei sistemi democratici la deliberazione politica è presa secondo il sistema della maggioranza. Però, di fronte a questi fatti non c’è maggioranza che mi possa far tacere. Altrimenti sarei un cane che non abbaia. […] Si fanno degli esperimenti pseudo pedagogici sul bambino. […] Se noi tacessimo di fronte a una cosa così, noi saremmo corresponsabili di questa grave ingiustizia verso i bambini, che sono stati trasformati da soggetto di diritti come ogni persona umana, in oggetto dei desideri delle persone adulte. Siamo tornati al paganesimo, dove il bambino non aveva nessun diritto. Era solo un oggetto “a disposizione di”. Quindi, ripeto, secondo me è un’iniziativa da sostenere, non si può tacere».
Queste parole sono tratte dall’intervista che il card. Caffarra ha recentemente concesso al settimanale Tempi e mettono in evidenza la gravità del momento presente.
Per chi non ha possibilità, dato il silenzio dei media o la informazione distorta che trasmettono, di esserne a conoscenza, attualmente all’esame del Parlamento ci sono 3 proposte legislative del PD: 1) il ddl Scalfarotto mira a impedire la libertà di pensiero e di opinione a chiunque affermi che il matrimonio è tra un uomo e una donna; 2) il ddl Cirinnà prevede l’introduzione del matrimonio tra omosessuali, le adozioni e la pratica dell’utero in affitto; 3) il ddl Fedeli intende introdurre l’ideologia gender nei programmi scolastici di tutte le scuole e università.
Queste 3 proposte sono collegate tra di loro e, a livello politico, applicano la dottrina del gender: questa è una ideologia, non basata su studi scientifici, che sostiene che gli uomini e le donne sono uguali da ogni punto di vista; c'è quella differenza morfologica, ma non conta niente. Invece la differenza maschile/ femminile è dovuta al fatto che gli uomini sono uomini perché sono educati da uomini, le donne sono donne perché sono educate da donne. Perciò, anche se ogni nostra cellula è marchiata XY se maschio, XX se femmina e questo incide non solo sul piano fisico ma anche su quello psichico, per il gender l'umanità non è divisa tra maschi e femmine, ma è fatta di individui che scelgono chi vogliono essere. Per questo chi si iscrive a Facebook non ha solo l’opzione maschio o femmina, bensì 58 connotazioni sessuali, per questo sui moduli comincia ad apparire la dicitura “Genitore 1” e “Genitore 2”, al posto di padre e madre.
Questo è avvenuto perché queste dottrine vengono diffuse attraverso documenti prodotti dalle agenzie e dalle commissioni Onu e diventano strumenti di pressione sui governi, tanto più forti se i loro contenuti vengono ribaditi o recepiti da organismi quali l’Unione Europea che possono trasformarli in direttive. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sta diffondendo presso tutti i ministeri della Salute e dell’Istruzione europei un documento di 83 pagine, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età dell’individuo. Così è avvenuto che, nel 2012, il governo Monti (quello del “Salva Italia”), per mezzo della ministra Fornero, ha aderito alla raccomandazione europea ed ha affidato all’UNAR (investendo soldi degli italiani costretti a comprare la carta per le fotocopie a scuola) il compito di attuare queste indicazioni. Per fare un esempio, a pag. 38 del documento base si legge che la scuola – nella fascia 0-4 anni, dovrà «Trasmettere informazioni su tutte le parti del corpo e le loro funzioni, gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione, diversi tipi di amore, voglia di dire “si” e voglia di dire “no”, diversi tipi di relazioni». Si registrano già le prime testimonianze di bambini che tornano a casa piangendo o rifiutano di andare a scuola perché al maschietto è stato chiesto di mettere il rossetto e di genitori che hanno dovuto far cambiare scuola ai propri figli per non subire le ripercussioni del loro rifiuto di quel tipo di lezioni.
Un’altra manifestazione tipica del gender è la costruzione di un nuovo linguaggio: al posto di famiglia, famiglia tradizionale o famiglia eterosessuale; e poi: omofobia, accesso ai diritti, stereotipi di genere, approccio inclusivo, …
Proprio perché si tratta di una teoria senza rispondenza nella realtà, per affermarsi il gender ha necessità di essere imposto per mezzo delle leggi (vedi ddl Scalfarotto), né più né meno delle ideologie del secolo scorso.
Cos’è che a livello mondiale facilita l’avanzata del gender e la conseguente distruzione della famiglia? Il business. Ecco quanto veniva riscontrato nel lontano 1998: uno studio prodotto dal Simmons market research bureau ha svelato che se la media nazionale si aggira attorno ai 32 mila dollari di reddito annuo, il gay dispone in media di 47 mila dollari: in più non ha figli, spesso non ha più legami tradizionali con la famiglia d’origine e, se convive, spesso lo fa con un compagno che si aggira sullo stesso reddito. «I gay esprimono un potere d’acquisto sempre maggiore. una fedeltà al prodotto tre volte superiore alla media e la capacità di decretare le fortune e le sfortune di una ditta», dicono i guru del marketing aziendale. Quello che è certo è che per l’industria planetaria – il mercato – non c’è miglior consumatore che come loro sia disposto a bruciare fino all’ultimo cent e poi rapidamente a ricapitalizzare per soddisfare i desideri di benessere.
Nel dicembre scorso, veniva registrato che gli omosessuali, secondo Business Insider «compiono il 16 per cento di uscite per shopping in più del consumatore medio, con una spesa media superiore addirittura del 25 per cento. Soprattutto i gay praticano lo shopping il 30 per cento in più rispetto agli etero, con una spesa media annuale di 2.500 dollari in più». E, inquietante, il Global equity fund, un fondo misto pubblico-privato istituito nel 2011 dall’allora segretario di Stato Hillary Clinton per sostenere i diritti Lgbt opera “dietro un velo di segretezza nel mondo attraverso la rete diplomatica che sostiene le multinazionali americane nelle campagne per i diritti Lgbt”. Jesse Bernstein, uno dei dirigenti del programma, conferma che “si tratta di un lavoro molto sensibile e quindi non posso spiegare – dice – come agiamo in certi Paesi per finanziare attivisti che si battono contro le discriminazioni contro i diritti Lgbt”».
Senza dimenticare che l’individuo, senza la forza della famiglia, è più facilmente controllabile dal potere politico, da cui dipende per la ricerca del proprio benessere.
Tutto questo, ma soprattutto la difesa dei più deboli, i bambini, ha spinto un certo numero di realtà a fondare il 2 giugno il comitato “Difendiamo i nostri figli” e a indire una manifestazione per il 20 giugno.
Sabato 20, preparata in soli 18 giorni, ha avuto luogo a piazza San Giovanni a Roma, una manifestazione cui ha partecipato circa un milione di persona, nonostante il nubifragio che si è scatenato prima dell’incontro. Un’assemblea variopinta cui hanno aderito cattolici, ebrei e musulmani. Persino l’imam della moschea di Centocelle ha voluto lanciare dal palco il suo messaggio a difesa della famiglia.
All’assenza delle istituzioni ha replicato il presidente dei Giuristi per la Vita Gianfranco Amato: “Non è vero che in questa piazza non ci sono le istituzioni, perché – secondo la Costituzione – la sovranità appartiene al popolo”. E “il popolo è qui per dire: Basta!”. Purtroppo “oggi viviamo in una democrazia totalitaria che sta tentando per legge di imporre l’ideologia gender. Occorre opporsi a ogni tentativo in tal senso”. Ed ha reso bene il senso della giornata il senatore Mantovano: “Questa piazza dà forza: la forza non di una massa senza identità, ma di centinaia di migliaia di persone consapevoli che il futuro dell’Italia passa dal futuro della famiglia, e consapevoli che fare male alla famiglia significa fare male all’intera Italia … Ne sono cadute parecchie di bombe sulle famiglia negli ultimi mesi. Non c’è solo la gravissima imposizione dell’ideologia del gender nelle scuole. Ci sono il divorzio breve e il divorzio facile: ma è possibile che oggi se voglio divorziare da mia moglie ci riesco in modo più semplice e veloce che se voglio disdire il contratto del mio telefonino?! Ci sono la fecondazione eterologa e la selezione genetica degli embrioni , cioè la scelta dei figli come se fossero degli oggetti, e la separazione fra i genitori biologici e i genitori legali. Ma c’è una bomba che sta per essere lanciata: si chiama legge sulle unioni civili. Il nome è unioni civili, la sostanza è matrimonio fra persone dello stesso sesso.”
Sul palco, quasi a presiedere l’intera manifestazione, l’icona bizantina della Madonna “Salus populi romani” (salvezza del popolo romano), a ricordare – come ha sottolineato Kiko – che la vera battaglia non è quella politica, ma quella escatologica che passa attraverso il cuore degli uomini.