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10 October, 2011

Bagnasco: Figli contro crisi
di - la stampa.it


«Il calo delle nascite è dovuto anche a povertà culturale, ma i figli e la famiglia sono le risorse per battere la crisi».Alla presentazione del rapporto demografico Cei, il leader dei vescovi Angelo Bagnasco avverte che «senza un patto tra generazioni il declino dell'Italia è inevitabile».

I figli non sono «un peso, un costo», ma una risorsa su cui la società deve investire, se vuole un futuro. Quel futuro che l'Italia rischia di veder compromesso anche a causa del pesante calo demografico che lo ha investito negli ultimi anni. A lanciare l'allarme è stato questa sera il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Ribadendo con forza, remando contro i modelli dominanti, che la ricetta contro la crisi non è quella che «ci ha portato a un presente difficile: non è con più consumo e meno figli che risistemeremo l'economia». Serve al contrario «con una revisione radicale delle priorità», che riporti al centro famiglia e maternità. Che spezzi la catena delle «false alternative e delle promesse tradite» che segnano la nostra epoca, prima fra tutte quella che ha imposto l'individualismo come metodo, mettendo in ombra l'importanza dei legami connettivi della società. Il porporato è intervenuto alla presentazione di un rapporto, curato da un team di specialisti e promosso dal Comitato del progetto culturale della Cei, dal titolo «Il cambiamento demografico». Accanto a lui il card. Camillo Ruini, che presiede il comitato Cei. «C'è una scarsa consapevolezza del problema del calo demografico - ha detto Ruini - che con questo rapporto vorremmo aumentare. Non vogliamo premere sulle coppie perchè mettano al mondo figli che non desiderano, ma rinnovare ostacoli sociali, economici e culturali che impediscono alle coppie di avere i figli che vorrebbero. La proposta è quella di un'alleanza, di una grande sinergia per affrontare il calo demografico». Il dossier Cei segnala come in Italia la frequenza delle nuove nascite si collochi ormai stabilmente sotto quota 600mila l'anno, 150 mila in meno della quota necessaria a garantire l'attuale dimensione demografia e quindi sotto la soglia di equilibrio. La fecondità è scesa sotto la linea che consente il ricambio generazionale, cioè 1,4 figli per donna. E questo nonostante il desiderio di famiglia e di maternità siano forti in Italia. L'età media della famiglia si è spostata in avanti: si diventa madri per la prima volta intorno ai 35 anni. Disoccupazione, difficoltà economiche. precarietà del lavoro ma anche ragioni culturali le cause principali insieme alla difficoltà di conciliare, per mancanza di adeguati servizi, il ruolo di madre con quello dei lavoratrice. Contestualmente aumenta la popolazione anziana: in Italia gli under 20 sono ormai in numero pressochè uguale agli over 65. Una stagnazione demografica con pesanti conseguenze economiche, politiche e sociali. È in questo quadro che si colloca l'appello di Bagnasco a ritrovare legami, a dare impulso alla società, perchè «il soggetto si sviluppa in modo tanto più autonomo ed equilibrato quanto più ha beneficiato di legami forti». «Non vi è dubbio - ha sottolineato il porporato - che una società in cui si interrompe la catena generativa e si blocca il circuito della testimonianza tra le generazioni è una societ… impoverita e destinata a isterilirsi».


09 September, 2011

Il mercato e i rischi di un mondo denatalizzato
di -


ROMA, domenica, 4 settembre 2011 (ZENIT.org).- Uno studio del National Center for Health Statistics (NCHS, Data BriefNumber 68, August 2011 Childbearing Differences Among Three Generations of U.S. Women) riporta allarmato i dati del calo demografico USA rispetto agli anni ’60 e le conseguenze sociali negative: dato inaspettato, in un mondo che viene terrorizzato dai media sul rischio della sovrappopolazione. Anche recenti indagini ISTAT mostrano che il 26% delle donne italiane vorrebbe 3 figli o più e finisce con averne meno della metà. Non è la prima volta nella storia che diminuisce il tasso di fertilità: già all’inizio del secolo scorso negli USA, in concomitanza con la crisi economica si era vissuto un fatto simile; ma è la prima volta che non aver figli è vissuto senza apparente rimpianto, ma come un “must” sociale. Lo dimostra il fatto che la denatalità è iniziata negli USA ben prima dell’attuale crisi, secondo il rapporto suddetto, e che l’età media per fare il primo figlio che è ormai fissata dai 30 in su per ricchi e per poveri; e lo dimostra lo sguardo di sospetto che segue sia le famiglie numerose, sia chi fa figli a 20 anni. Il Wall Street Journal del 4 agosto sottolinea che anche le stime di una parziale frenata al calo demografico fatte dall’ONU possono non essere veritiere e il mondo essere a rischio di denatalità, proprio il fenomeno opposto a quello di un’impossibile sovrappopolazione verso cui viene surrettiziamente creato il panico.
Il 10 settembre viene celebrata la giornata internazionale per la salute sessuale, e sarebbe un sogno forse eccessivo che i partecipanti si domandassero se i veri diritti riproduttivi sono più tutelati dall’inventare mille analisi prenatali genetiche e mille forme di abortire, oppure dal creare mille modi per aiutare le donne nel loro desiderio violato di maternità? Certa cultura è passata, infatti, dal reclamare il family planning, ad una politica culturale della denatalità, senza domandare il permesso, ma con una semplice manovra di imposizione culturale: non a caso alle bambine viene pubblicizzata lingerie sexy e bandito ogni modello materno, tanto che ormai non chiedono più un fratello, ma il gattino. Nessun rimpianto per i tempi in cui i desideri femminili erano messi in secondo piano, intendiamoci, o per l’idea di figli numerosi come segno di potenza personale o dello Stato; ma non ci dicano che la denatalità è un progresso. Triste è vedere che oggi è lecito pensare di aver diritto al figlio solo quando questo diritto coincide col vantaggio economico di chi aiuta tecnicamente la procreazione, tra cui il triste fenomeno delle madri in affitto che dilaga in Cina – su “ordinazione” dei ricchi americani – cui inaspettatamente anche la stampa decisamente laica (v il Fatto Quotidiano del 26 agosto) si ribella.
Il figlio tardivo e quindi unico intacca la salute sessuale: la gravidanza tardiva, associata ad un maggior numero di malformazioni, prematurità e rischi di danno cerebrale, certo non mitigati dalla fecondazione in vitro (Fetal diagnosis and therapy, gennaio 2011), che finisce per essere un rischio ulteriore dato che illude che comunque la medicina possa mettere un riparo alle “madri ritardatarie”. E intacca la salute sociale: significa non avere più fratelli, o cugini, cioè essere preda della TV babysitter e compagna di giochi, significa diventare un investimento per i genitori che ormai concepiscono il figlio solo come “perfetto”, prima di nascere e poi quando va a scuola, pena il rifiuto o il senso profondo di delusione di un “progetto” non riuscito.
Cosa ci salverà dalle bio-rapine che ci trasformano in organismi geneticamente modificati, perché modificano il cuore del nostro orologio biologico? Forse un’ecologia che sottragga il sesso al mercato. Già, perché l’industria distrugge i meccanismi naturali di comunicazione di messaggi sessuali come i feromoni, per poi ricrearne in laboratorio a scopo commerciale. E trasforma tutto in merce, accettando come cittadini solo chi è un “bravo consumatore”: per questo offre cittadinanza solo ai nascituri degni di entrare nella società dell’autonomia e del consumo.
Il mercato è il grande arbitro della nostra salute sessuale, in uno stravolgimento epocale che genera alla fine anche problemi di invecchiamento sociale mai visti prima. Ma certi mondi culturali e certe industrie del consumo hanno i loro vantaggi da un mondo denatalizzato, e il loro peso per far associare l’idea di “figlio” con quella di “ostacolo” si fa sentire: basta guardare certe pubblicità televisive, in cui esplicitamente si mostra un possibile figlio come un intoppo a consumare quello che viene venduto.
Il denaro comunque conta, questo è certo; eppure nessuno pone mano al problema economico per uscire dal buco nero della denatalità, perché sono gli stessi giovani a non farne una priorità: sono stati derubati culturalmente ed economicamente del loro bisogno di crescere e far famiglia al momento giusto, e hanno ricevuto in cambio l’assicurazione fasulla di una vita serena sulle spalle di mamma e papà. Qualcuno in malafede li ha convinti che il mondo è destinato solo a “chi sa consumare” e non costruire; e loro si sono rassegnati. Appaiono addirittura orgogliosi di questa tragica epurazione; ma non sanno che i volti delle attrici, che invidiano perché “vivono alla grande” e si “regalano” un figlio solo dopo i quaranta, sono solo il volto suadente dell’arida legge del mercato.

04 September, 2011

FNC al Congresso Nazionale Eucaristico
di - FNC


Si è aperto ad Ancona il XXV Congresso Eucaristico Nazionale a cui partecipano alcune famiglie della nostra associazione che hanno accolto l’invito da parte della CEI.

Questo congresso mette in evidenza la centralità dell’Eucarestia e come abbia inciso nel rapporto uomo-donna all’interno del matrimonio, perché la comunione che fonda la vita di coppia è essa stessa immagine dell’Eucarestia.

E’ anche l’occasione per riconfermare l’importanza dell’annuncio cristiano della fede in relazione all’Eucarestia, annuncio inserito nel contesto del mondo contemporaneo, segnato dal post-moderno e dalla globalizzazione.




Sede Nazionale via Breda 18 Castel Mella (BS) Tel. 030 2583972

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