Milano, 24 ottobre 2013
Gender e diritto: alcune tesi fondamentali
1. L’ordinamento giuridico considera rilevanti in linea di massima le condotte in foro esterno, cioè quello che accade fuori dalla coscienza dell’uomo e ciò che coinvolge la dimensione sociale dell’uomo.
2. Gli atti omosessuali sono, almeno di norma, estranei a questa dimensione sociale. Da questo ne deriva che essi non sono presi in alcuna considerazione dal diritto positivo (divieti, sanzioni, punizioni, limitazioni). Da questo punto di vista, può essere sociologicamente utile distinguere le persone omosessuali dalle persone gay, intendendo queste ultime come coloro che vogliono fare della loro condizione un baluardo pubblico e teorizzare insieme che essa è una condizione di gioia e di felicità. Su quest’ultimo punto, mi limito a osservare che i fatti sembrano smentire questa tesi. E aggiungo che “il male fa male”; dunque la personalità dell’individuo gay difficilmente rimane indenne sul piano psicologico dal sovvertimento oggettivo che la condotta omosessuale introduce nella sua esistenza.
3. Se ne ricava che, in un ordinamento positivo come quello italiano, non sussiste alcuna discriminazione giuridica verso persone omosessuali, la cui dignità è tutelata dal principio di eguaglianza, che la legge italiana riconosce a tutti gli essere umani, ad eccezione del nascituro (sentenza n.27/1975 Corte Costituzionale)
4. La discriminazione non sussiste nemmeno qualora altri consociati sostengano pubblicamente che sul piano morale la condotta omosessuale è peccato, è contro natura, eccetera; tanto è vero che l’ordinamento permette ancora oggi di formulare tali giudizi di valore nei confronti di condotte permesse dalla legge (divorzio, aborto, fivet); permette di criticare autorità religiose o istituzionali; permette di negare verità religiose (ad es. l’esistenza di Dio) che per i credenti sono invece fuori discussione. Insomma: l’ordinamento liberale sembra permettere tutto, tranne ciò che considera indiscutibile in quel dato momento storico. Sarebbe ben curioso che, ad esempio, i divorziati risposati pretendessero una legge sulla “divorzio-fobia” per tacitare chi considera il divorzio un peccato contro l’indissolubilità del matrimonio.
5. In tal senso è del tutto fantasiosa la categoria dell’omofobia, e la pretesa che l’ordinamento punisca più gravemente chi offende o aggredisce una persona che si dichiara omosessuale rispetto a quella che non lo è. Così facendo, il diritto certifica non solo l’esistenza di una nuova categoria umana (gli omosessuali) ; ma anche la superiorità morale di questa sui c.d. eterosessuali, che evidentemente sono meritevoli di una minor tutela, perché intrattengono rapporti secondo natura, fanno figli, li educano.
6. La questione si fa più complessa quando dalla sfera sessuale in senso stretto si passa ad analizzare gli effetti sociali di questa condizione. Ad esempio, l’assunzione di ruoli pedagogici ed educativi di persone con omosessuali; oppure la richiesta di un riconoscimento giuridico e sociale della condizione di convivenza fra persone dello stesso sesso; la richiesta di adottare figli; la richiesta di diventare una categoria tutelata giuridicamente.
7. A ben pensarci, e su un piano meramente razionale (sospendiamo ogni riferimento alla divina rivelazione, ai 10 comandamenti, etc.) la pretesa di ricavare da questa tipologia di condotta sessuale degli effetti giuridici è priva di ogni fondamento logico. Si tratta fra l’altro di atti privatissimi, per cui la stessa verifica da parte dell’ordinamento di quanto dichiarato dai soggetti coinvolti appare piuttosto ardua. Ad esempio, chi e come si verificherà che una persona è omosessuale? Verranno nominati degli “osservatori dell’Onu” chiamati ad assistere e a controllare? Paradossalmente, il pensiero liberale - che non ci appartiene – viene clamorosamente smentito da qualunque legge che voglia dare consistenza giuridica alla condotta omosessuale.
8. Non è per altro nemmeno vero che gli atti sessuali siano sempre e del tutto estranei al diritto: pensiamo alla violenza carnale, all’incesto, alla pedofilia. Dobbiamo forse prepararci a una futura legge sulla “incestuoso fobia” o sulla “pedofilo fobia”? Che cosa potrà impedirlo?
9. Perché allora l’ordinamento conosce l’istituto del matrimonio? Non perchè un uomo e una donna “fanno sesso”, o perché si vogliono bene, o perché “c’è l’amore fra loro”. Questi fatti da soli non producono alcun matrimonio. Il matrimonio è la conseguenza dello scambio di volontà libere di un uomo e di una donna che così facendo costituiscono una famiglia, nella quale si presume che avranno una relazione affettiva e sessuale, e che questa relazione “secondo natura” potrò generare dei figli. Questo fatto – il cum-iugo (mettersi insieme sotto lo stesso giogo di doveri reciproci); costituire una famiglia con un atto pubblico; generare forse dei figli; assumere il dovere di educarli e mantenerli; tutti e solo questi fatti interessano allo stato, che dunque li eleva a istituto giuridico.
10. La centralità del matrimonio nella società contemporanea è stata contestata per decenni sul piano teorico, e coerentemente nel mondo di oggi questo istituto è in crisi gravissima, sia per i divorzi che per le convivenze. Moltissime persone pensano che il matrimonio non serva più a nulla. Tranne i movimenti gay e le forze politiche progressiste che li fiancheggiano. Che strano. Qual è il movente che spinge trans e gay che sfilano su carri carnevaleschi e sguaiati a battersi?: a. per la legge sull’omofobia; b. per il matrimonio omosessuale?
11. Conseguenze per la famiglia e il matrimonio:
a. Zittire quelle agenzie culturali e quei singoli che non si adeguino al pensiero unico e che continuino ad affermare che gli atti omosessuali sono contro natura;
b. Mettere in cortocircuito quelle medesime agenzie, perché la minaccia della sanzione e i divieti le porti alla divisione e allo stato confusionale (nel quale spesso si trovano già per i fatti loro);
c. Fare in modo che le nuove generazioni, a cominciare dai bambini, siano educate (a scuola piuttosto che dalla Tv) alla assoluta normalità dell’omosessualità, normalità che naturaliter altrimenti rifiuterebbero, come è accaduto per secoli, anzi per millenni.
d. Affossare definitivamente il matrimonio: se tutto è matrimonio, nulla è matrimonio.
e. Farsi affidare in adozione bambini da avviare all’esperienza omosessuale sulle orme degli adottanti.
Conclusioni
Nei sistemi giudici contemporanei sono state approvate leggi che riconoscono come categoria giuridicamente rilevante quella del “gender”, che perseguono e sanzionano la c.d. “omofobia”; leggi che riconoscono giuridicamente le coppie delle stesso sesso, che equiparano tali unioni al matrimonio, che estendono le adozioni a coppie dello stesso sesso, che estendono la fecondazione artificiale (intrinsecamente malvagia) agli omosessuali.
Ognuna di queste leggi è gravemente ingiusta, contrasta con il diritto naturale, e quindi cessa di essere una vera legge, ma si configura piuttosto come un atto di violenza e di prevaricazione dell’autorità costituita.
Dunque, di fronte a queste leggi il cattolico e in generale le persone di buona volontà hanno alcuni precisi doveri:
1. Riconoscere che si tratta di leggi gravemente ingiuste;
2. Battersi pubblicamente affinchè non vengano approvate, anche solo parzialmente.
3. Rifuggire dalla maldestra dottrina del male minore, che induce ormai la stragrande maggioranza di uomini di Chiesa, di politici, di cittadini a sostenere una legge ingiusta (rifiutandosi per altro di definirla tale) con la motivazione che questa norma sarebbe comunque migliore di una peggiore che verrebbe altrimenti approvata.
4. Trarre la conseguenza che tali leggi – formalmente valide – non sono vincolanti per la coscienza, e che quindi ad esse ci si deve opporre, e non è lecito in alcun modo cooperare con la loro attuazione;
5. A tali leggi si deve in sostanza opporre una ferma e notoria obiezione di coscienza, sia che tali leggi contemplino questa possibilità, sia che tale possibilità non sia prevista e comporti quindi la reazione punitiva dell’ordinamento iniquo e della società corrotta;
6. Tali leggi sono ingiuste anche per il loro eventuale carattere liberticida; tuttavia, anche nel caso in cui sia tutelata la libertà di parola e di insegnamento, tali leggi restano gravemente ingiuste per la ragione principale e fondamentale che ledono il bene comune, permettendo o promuovendo ciò che è malvagio in sé stesso, a prescindere da ciò che la maggioranza dei cittadini pensa e vota. Veritas, non auctoritas facit legem.
7. Il rifiuto di queste leggi non ha una dimensione meramente personale, inerente il foro interno, ma deve manifestarsi chiaramente e pubblicamente, attraverso ogni comportamento o dichiarazione che renda chiara e inequivocabile la condanna della legge e il rifiuto di adeguarsi ad essa.
8. Chiunque – uomo di governo, politico, amministratore, pastore della Chiesa, intellettuale – abbia responsabilità di guida della comunità, di esercizio dell’autorità, di esempio pubblico, di opinion leader – sostenga tali leggi inique, o taccia di fronte ad esse allineandosi al senso comune corrotto, si assume la gravissima responsabilità di aver fatto il male, di non averlo denunciato, e di non aver insegnato con la parola e l’esempio il vero e il bene alle persone che gli sono affidate a vario titolo. La sua colpa è più grande del popolo che lo segue e lo ascolta, fidandosi di lui.
9. L’esplosione delle leggi ingiuste nel mondo moderno nasce da due cause concorrenti: il pieno sviluppo e il raggiungimento della maturazione del pensiero filosofico e politico rivoluzionario, che avvolge la modernità imprigionandola in un relativismo e in un nichilismo senza ritorno; la gravissima crisi che si è sviluppata da decenni all’interno della Chiesa cattolica, e che ne ha paralizzato l’azione, rendendola del tutto disarmata di fronte all’azione malvagia del mondo. Dei due fattori, il più grave e preoccupante è il secondo, perché la crisi nel cattolicesimo permane e si aggrava; e perché, in fondo, l’aggressione alla Chiesa da parte del mondo non è una novità, ma una costante storica profetizzata da Cristo stesso ai primi cattolici.
10. Una terapia urgente a questa grave malattia è rappresentata dal recupero della dottrina della legge naturale e della dottrina della legge ingiusta, dottrine rimosse dal dibattito filosofico e politico, ma innanzitutto dall’insegnamento teologico degli ultimi cinquant’anni; la terapia consiste dunque nel recupero dell’insuperato insegnamento di San Tommaso d’Aquino – che per secoli la Chiesa ha chiamato “dottore comune” – attualissimo nella sua capacità di tenere insieme le verità fondamentali della Rivelazione con il ruolo altrettanto necessario della ragione e della formazione di una coscienza retta. Senza un ritorno a questa fonte pura e rigenerante della tradizione cattolica, non soltanto il mondo proseguirà sulla strada della totale dissoluzione morale e civile – processo che appare a lume di ragione ormai irreversibile – ma la stessa Chiesa cattolica subirà una inesorabile auto implosione, trasformandosi in una comunità protestante dove non esiste più alcuna dottrina dogmatica e morale certa e oggettiva.